venerdì 28 settembre 2012

spruzzatine di pioggia

        Inesorabile arrivava la prima pioggia d'estate ed era gioia e sollievo per tutti. 
Per i contadini , così le viti si sarebbero abbeverate dopo l'arsura, dopo il caldo, il solleone, che sì rendeva l'uva dolce anticipando il vino che sarebbe divenuto così amabile, ma che se durava da troppo, quella stessa uva, rischiava di rovinarla; i pescatori la salutavano impazienti così il mare si sarebbe " arrifrescato", "arrevutat'"ed i pesci, rimasti giù giù nel profondo per sfuggire, loro come tutti, al caldo sarebbero saliti a galla, a mangiare, finendo quasi da soli nelle reti.
" E' mal tiemp! Stann' pigliann' i crastauriell'".
Che pesce fosse questo e come si chiamasse in italiano neanche lo sapevi, ma non era importante. 
L'informazione che ti serviva era solo quella, il legame indissolubile tra crastauriell' e mal tiemp, il cattivo tempo che sarebbe arrivato entro poco, pochissimo tempo. Il periodo, più o meno era sempre lo stesso , metà di agosto, più verso la fine. 
"E' megl' quann' s' e rompenn' i tiemp' ambress". L'esperienza insegnava che quando i tempi si "rompevano" troppo in là, allora i bagni di settembre sarebbero stati più freddi del dovuto, perchè "O sol' nun ten' chiù a forz 'e scarfà 'o mar". " Maaa.....e mo' se mis' a chiov'!" come se tutti i segnali che aleggiavano nell'aria da giorni fossero stati dimenticati e la pioggia fosse arrivata così, di colpo."Curr a luà i pann,....peccat' erano quasi asciutti" "Speriamo che nu fa a rannine ,casino l'uva s'ammazzuchea tutta", e la barca a mare e le strade che si allagavano. 
Tutto ad un tratto quell'acqua voluta, aspettata, diventava motivo d'angoscia. Per tutti tranne che per noi che stavamo alla spiaggia. Appena il più piccolo strizzico ti cadeva addosso, correvi a buttarti a mare , se non c'eri già. Ti tuffavi e sott'acqua, a pancia all'aria, guardavi le gocce che trafiggevano la superfice del mare come tanti spilli. Riemergevi e , insieme a tutti gli altri, rovesciavi la testa all'indietro con la speranza che un pò di pioggia ti si posasse sulla lingua, mescolando così insieme il sapore salato del mare e quello dolce dell'acqua piovana. 
I due liquidi di composizione simile ma di natura così diversa ti avviluppavano e tu eri per una volta linea di orizzonte, ostacolo fisico alla loro ricongiunzione.Ti ritiravi a casa e non avevi bisogno di scrollarti i piedi dalla sabbia, avevi già provveduto sciaquandoli nelle pozzanghere che si erano formate via via. "Asciuttat ca me pare nu purpitiell" e l'asciugamano di lino grezzo ti frizionava e ti riscaldava la pelle che un pò initirizzito eri. L'aria era in casa odorava di bucato fresco, di cose buone cucinate , odori che ora con gli infissi chiusi, ritrovavano il loro posto, dopo aver vagabondato in giro. 
Orami asciutto e rifocillato "Pigliate nu poco d' uorgio (orzo) accussi te scarf", speravi che smettesse presto presto. Volevi uscire di nuovo, goderti l'aria fresca di fuori, il profumo di resina e terra bagnata, di strade lavate, di mare arrevutato. Cominciavi a vestirti, a cercare nell'armadio, nei cassetti, quei vestiti che erano rimasti per tanto tempo dimenticati . "Uè, nun mett' rivoluzione dint' o taratur'!" "Ma mo ch' ja fà cu 'stu cazon luong, fa caur.. pur 'e cazittini, uh Sant'Aniell'!" Ma non c'era niente da fare, quella era la divisa della prima pioggia, corredata volendo anche del maglioncino di filo. 
Quello lo potevano sfoggiare solo i più audaci e temerari, quelli che avevano abbastanza fegato da sfidare gli sfottò familiari, e lo portavano, giustamente, sulle spalle, a modo di mantello, come quello di un cavaliere. Ti infilavi il pantalone lungo e la pelle delle gambe, ancora piene di sale, si ribellava a quella stoffa dura alla quale si era disabituata, Ti incontravi con i tuoi compagni e ti vedevi come nel riflesso di uno specchio : jeans , camicia, maglietta, scarpetta da ginnastica (per le ragzze era prevista la variante gonna, ma allora il calzino doveva fare il risvolto giusto in corrispondenza della caviglia, al di sopra della scarpetta da ginnastica) Eravate vestiti tutti allo stessa maniera, ma non in modo uguale. 
Ognuno conservava il proprio stile, chi la camicia la metteva dentro, chi fuori, chi preferiva la maglietta. Si faceva una passeggiata, si andava in giro, a comprarsi un gelato, a guardare il passeggio. All'ora del rientro eri "spugnato" di sudore, i capelli azzeccati in testa così come la maglietta era incollata alla schiena; i piedi intanto bollivano in quelle scarpette e i calzini erano zuppi. Per non parlare del prurito insopportabile che ti causava il pantalone... ma fiero ed impettito varcavi la soglia di casa, pronto ad affrontare gli sfottò "la prossima volta pure il maglioncino mi porto!", pensavi. 
Venivi accolto, vista la condizione nella quale eri, con un'occhiata ironica e con un" U purp se coce cu l'acqua soja..." 
Avresti voluto controbattere ma avevi troppa fretta di andarti a spogliare per poterlo fare.

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