mercoledì 10 settembre 2014

Tutto torna.

Si ritrovò per caso a fare un gesto che le era solito molti anni fa, tanti, forse anche più di una vita.
Prese la penna e, con un tratto rapido, scrisse sulla sua mano l'informazione che non voleva dimenticare.
Lo faceva spesso, prima, in quell'altra vita. In quella vita là, quella di prima. le parole erano spesso un lungo susseguirsi di suoni di cui comprendeva poco o niente.
Chiedeva, interrompendo le amabili conversazioni , il significato di quelle che riusciva a ricordare e di cui riusciva, con tentavi goffi e per gli altri, divertenti, a riprodurre il suono.
Ben presto capì, dalle occhiate dei parlanti, che non era bello frenare così il flusso della conversazione, che nn stava bene.
Fu allora che prese quell'abitudine, vista come deprecabile, ma che le consentiva con calma di cercare, tra i fogli di un dizionario antico ed ingiallito, mezzo spaginato, l'essenza di quei suoni, di svelarne il misterioso significato.
Sul monte di venere scirveva con gesti veloci e furtivi la parola eppoi, come se niente fosse, faceva scivolare la penna nella tasca. Riprendeva a seguire lo scambio di battute e di tanto in tanto rigirava il polso a controllare che quel prezioso tratto di penna non fosse cancellato dal sudore della sua mano chiusa a pugno, che il sudore nn lavasse via quel segno che altrimenti sarebbe rimasto così sconosciuto; con il tempo aveva insegnato alla sua mano di fare finta di essere chiusa, che le dita ripiegate su sè stesse dessero solo l'impressione di essere sigillate.
Solo quando capiva che ormai il discorso, gli scambi di opinioni si stavano esaurendo, chiedeva permesso ed andava a cercare, dando sfogo alla frenesia che era riuscita a tenere incatenata fino ad allora e che ora erompeva con tutta la sua forza, di dare un senso a quel suono; impresa che poteva sembrava facile ma che era forse la parte più difficile, giacchè quello che aveva scritto non aveva corrispondenza alcuna con quello che cercava.
Certo a leggerla ad alta voce, la parola era la stessa, ma scritta in quel modo era tutto un altro conto. Sillabava piano a fior di labbra e tentava, ora che aveva più tempo, di mettere tutte le lettere e le vocali al posto giusto.
Quella maledetta vocale , la faceva sempre dannare e così ripassava a memoria la filastrocca che aveva inventato per chiarirsi le idee: se pure sono scritte uguali, non hanno la stessa voce, se pure la scrivi I, I non è ma E .
Piano piano le scritte sulla mano dìvennero sempre più rade fino a scomparire del tutto, fin all'altro giorno quando alla radio sentì una parola in quella lingua che appartenva alla vita di prima, una parola che non conosceva e si ritrovò con la penna in mano a scrivere furtivamente sul monte di venere quel suono e a tenere la mano fintamene chiusa, diffidando della sua memoria e con la speranza che il sudore non lavasse via quel tratto di penna.
Si guardò la mano con tenerezza e con un pizzico di rabbia. Perchè in fondo tutto torna da dove è cominciato.